giovedì 6 novembre 2014

Dolly, mio unico amore

È vero, la vita va avanti.
Anche senza te, Dolly. Mia certezza, mio punto di riferimento, mio eterno esempio. Non mi sembra vero di averti perso. Te ne sei andata così, all’improvviso. Mi sento di averti uccisa io (con l’eutanasia) e sento la tua voce che mi dice: “perché l’hai fatto?”. Perché tu eri forte e, come tante altre difficoltà, avresti superato anche questo grave problema di salute che era comparso tutt’a un tratto. Hai aspettato che io partissi per iniziare coi sintomi. Non volevi rovinarmi il viaggio, non volevi evitare che io partissi. Tu lo sapevi. Il mercoledì precedente hai avuto quella breve crisi epilettiche e mi hai fatto quasi infartare quando ti ho vista agire in quel modo. Ma, come ero abituata a vederti, hai superato anche quella, non senza difficoltà: ricordo che quando ti abbiamo messa vicino a noi e la crisi è passata, sulle mie gambe ancora non respiravi bene. Pensavo che dovessi lasciarmi da un momento all’altro, e invece… il tuo cuore è stato così forte da resistere. Sei l’essere più forte che io abbia mai visto e sarai sempre il mio esempio!

Mi dispiace di averti uccisa. Mi sento un’assassina. Sento di averlo fatto per non soffrire nel vederti in quello stato. Giungere da Bologna già con l’idea di doverti dire addio non è stato per niente semplice. Mi manchi da morire. Sei stata la mia amica di sempre, la mia compagna, una sorella e gli ultimi anni anche una figlia. Mi si è lacerato il cuore nel fare quello che ho fatto, ma ancora peggio nel vederti in quello stato. Incapace di alzarti, sofferente, che lanciavi quelle urla e quei lamenti disperati. Anche quando sapevi che stavamo andando ad ucciderti (mi sento malissimo al solo pensiero) tu piangevi. Non so se in quel momento ci vedevi o ci sentivi. So che quando siamo tornate da Bologna io e Anna Lisa, ti ho fatto annusare la mia mano e tu ti sei accorta che ero lì, nonostante tutto, nonostante i dolori atroci che provavi, il cervello e i sensi quasi andati, tu ti sei accorta che c’ero e sei anche riuscita a fare quel cenno della felicità che sempre ci dimostravi quando ci rivedevi dopo un periodo di assenza. Per me è stato importante. Ho pianto tanto. Piango ancora, dopo 4 giorni, e ho gli occhi gonfi e non ci vedo bene. Sento ancora la tua voce, il tuo abbaiare e il tuo lamentarti, sento i tuoi passi, ti vedo in giro per casa, sono sempre pronta a portarti giù quando torno. Io a casa ormai non voglio tornarci mai. È sempre una sofferenza tornare e vedere i soliti posti di mille serate in cui ti ho portata giù e ci siamo fatte le passeggiate. Mi sei rimasta dentro e ci sarai per sempre. Odio dover ripensare agli ultimi istanti. Ci siamo recati dal veterinario e ti ho vista mentre ti addormentava per sempre prima con la siringa dell’anestesia e poi con l’ultima letale iniezione (a cui non ho voluto assistere) con cui ti bloccava tutti i muscoli ed il cuore, Quel cuore bastardo che avevi che non voleva mollare. Tu piccola stronzetta che non hai mai mollato e che negli ultimi momenti hai sempre cercato di alzarti perché non volevi darci quel dispiacere di vederti in quello stato e volevi sempre trasmetterci tutto l’amore che provavi. Non c’è mai stato nessuno nella mia vita che mi abbia dato tutto quello che mi hai dato tu senza pretendere niente in cambio. Mi tiravi su nei momenti di sconforto e nei momenti in cui mi credevo una nullità e mi sentivo una merda, tu c’eri sempre. Tu c’eri sempre quando io venivo a sfotterti solo per sentirmi calcolata da qualcuno. Tu c’eri anche quando non volevi esserci perché eri infastidita o stavi male, ed io ero invece lì sempre a romperti i coglioni. Mi dispiace per quelle volte in cui forse ho esagerato. Ti ringrazio per la pazienza che hai avuto. Ti ringrazio per essere stata “il mio cane”, e so che non è facile perché spesso magari ti lasciavo a digiuno e non me ne accorgevo. Ho tante colpe nei tuoi confronti: non ti portavo sempre giù quando tu me lo chiedevi disperatamente, per mia pigrizia e bastardaggine, non ti calcolavo a volte perché presa dai miei stupidi problemi del cazzo, esistenziali ergo inesistenti. Tu sei stata come una persona per me. Io potevo farti quello che volevo, sapevo come prenderti, dove mettere le mani, come trattarti, quando era il momento giusto per metterti le mani in bocca, nelle orecchie e vicino al culetto, il momento per infastidirti facendoti il solletico sulle orecchie, toccandoti le zampette, prendendoti quella codina amputata che ti rendeva così particolare. Chi ti conosceva, se avesse approfondito, avrebbe subito capito che eri il mio cane, il nostro cane, perché si vedeva: era evidente che avevi un’educazione ed un’intelligenza uniche che solo da questa famiglia potevano derivare e che solo noi potevamo trasmetterti. Incredibile quanto tu non avresti mai fatto pipì a terra, sapevi di sbagliare, negli ultimi anni, ma lo facevi per problemi ai reni probabilmente. Non potevi più resistere. Io e nessuno infatti ti ha mai rimproverata per ciò. Ed io, da questi piccoli segnali capivo che stavi invecchiando, ma mai avrei pensato di doverti dire addio in pochi giorni, senza manco vederti star male, e doverti fare l’eutanasia. Che è stata la cosa più brutta che io abbia mai fatto in vita mia. Il momento prima o poi sarebbe arrivato, questo lo so, ma per quanto potessi aspettarmelo, non è stato come avevo immaginato o quando avevo immaginato. Vorrei tornare indietro nel tempo per farmi perdonare di tutto quello che ti ho fatto e non ti ho fatto. Vorrei poterti dare un millesimo di quello che tu mi ha dato e trasmesso. Vorrei poterti coccolare ancora e soprattutto sfotterti ancora. Ciò non è possibile, ma continuerò a sognarti, ad averti dentro e a pensarti. Mi sento quasi in colpa nel ritornare alla mia normale vita quotidiana, perché penso che non è affatto giusto che tu non debba esserci più al suo interno. Eri parte integrante di ogni mio giorno, di ogni mia quotidianità, come faccio a non pensarti? In ogni caso non voglio dimenticarti, ho paura. Mai scorderò quando ti abbiamo seppellita, lì, in campagna, vicino alle piante grasse dalla parte del cancelletto, a sinistra della gabbia delle galline. Tu ora sei lì? No, il tuo corpo è lì, al freddo, come mai avrebbe dovuto stare. Se ripenso al momento in cui ti ho seppellita….mi sento morire. Mi sento morire. Ti prego perdonami per tutto quanto. Perdonami. Perdonami se ti ho lasciata andare. Perdonami se non c’ero gli ultimi giorni, perdonami!

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